Giobbe, o la tortura degli amici

Genere: Drammatico
Regia: Marina Maffei
Testo: Fabrice Hadjadj 
Durata: 2 ore circa
Anno: 2014

Contenuto e Giudizio critico: Il Giobbe di Hadjadj esce dallo stereotipo abbastanza diffuso di uomo paziente perché rassegnato. Anzi, nel susseguirsi di incontri con amici e familiari, vediamo farsi strada in lui un’energia e una determinazione per noi nuove e insospettate. 
Nel testo è presente la domanda sul senso delle cose. Ma Giobbe l’amplifica. Essa diventa grido: “Come si fa, Dio, a vivere così?”. La stessa domanda dell’uomo di oggi davanti alla fatica quotidiana del vivere. 
Giobbe capisce che, se prova tanto dolore, è per la privazione di qualcosa che lo costituisce; non gli bastano le risposte e soluzioni parziali offerte dagli amici: non può accontentarsi di nulla che non stia all’altezza del suo grido. E i loro goffi o violenti tentativi lo confermano in questo. 
Un percorso tormentato che lo porterà non all’eliminazione del dolore, né alla spiegazione del comportamento di Dio, ma alla conoscenza di come è fatto l’uomo e all’approccio col Mistero che fa tutte le cose.
Lo spettacolo è un libero adattamento del dramma in atto unico di Hadjadj.
Il testo dell’autore non ha subito modifiche, ma la regia ha sviluppato e interpretato in modo originale alcune scene e personaggi e inserito elementi nuovi sulla base della riflessione e sensibilità artistica maturate all’interno del gruppo. Ne è esempio l’inserimento di un coro biblico, assente nel testo, che istituisce un legame e una continuità fra il libro dell’Antico Testamento e la drammatica contemporanea rivisitazione che Fabrice Hadjadj ha fatto di Giobbe.
Il lavoro si sviluppa su tre dimensioni: quella dell’eterno (il laboratorio di Dio), quella del presente (la stanza di Giobbe) e quella della storia (il coro) che interagiscono fra loro. Nell’ultima immagine scenica si può scorgere un delicato accenno all’Incarnazione.

Ecco un video dello spettacolo andato in scena il 13 maggio 2014


ed alcune foto dello spettacolo Giobbe, o la tortura degli amici